Dedicata alla
proiezione dei film vincitori della nona edizione del Festival Internazionale
del Film di Roma, la giornata di domenica 26 ottobre si è rivelata un motivo di
incontro con la tradizione e un tributo ad un grande artista del passato,
attraverso la proiezione serale di un lungometraggio entrato nella storia.
Si tratta de Il postino di Michael Radford, pellicola
del 1994 restaurata per l’occasione, i vent’anni dalla scomparsa del
protagonista Massimo Troisi, dalla Variety Communications e portata, quindi, ad
un nuovo splendore, prodotto commovente destinato a rimanere nella storia della
settima arte e non solo, brillando di valore cinematografico, artistico ed
umano. Un film entusiasmante e profondo, con cui l’attore napoletano si è
congedato dal pubblico lasciando un capolavoro, un inno alla vita e all’amore,
un’opera da Oscar, come quello conquistato per le musiche di Luis Bacalov e
Sergio Endrigo. Tratta dal romanzo Il
postino di Neruda del cileno Antonio Skàrmeta, la storia raccontata nel
film si muove lungo una precisa trattazione narrativa che non stenta di
emozionare il pubblico, attraverso il racconto della maturazione del rapporto
tra Mario Ruoppolo (Massimo Troisi) e il poeta Pablo Neruda (Philippe Noiret),
giunto in città per un periodo di esilio. Delegato alla consegna della
corrispondenza postale, il protagonista maturerà man mano il desiderio di
esplorare lo sconosciuto mondo dell’arte poetica. Un poeta, Neruda, che canta
l’amore, quell’amore apparentemente surreale da cui è attratto il protagonista,
il quale, mosso dall’intenzione di dedicare un “canto” alla nipote della
proprietaria dell’osteria del paese, la deliziosa Beatrice Russo (Maria Grazia
Cucinotta), imparerà ad ascoltare il proprio cuore e far parlare le emozioni,
tenendo sempre vivo il ricordo di quell’amico speciale tornato in patria ed in
onore del quale il protagonista chiamerà suo figlio Pablito.
Un’opera commovente,
manifesto dell’artista prematuramente scomparso che ne ha curato anche la
sceneggiatura, omaggiato anche dalla presenza della collega Maria Grazia
Cucinotta, a testimoniarne la mancanza nel mondo dell’arte cinematografica e a
celebrarne anche da spettatrice il suo lascito spirituale ed umano al mondo, un
vero e proprio spettacolo di amore della vita.
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