Con lo spettacolo Abbascio a grotta, proposto al Teatro
Millelire di Roma fino al 20 Gennaio, Antonio Diana ha debuttato alla regia,
attraverso una messa in scena tra il reale e l’immaginario. Rinchiusi in una
grotta ideale, i sette personaggi raccontano, attraverso monologhi toccanti, le
rispettive vite, partendo dall’analisi della propria coscienza e delle ferite
impresse nei loro cuori, causate da violenze fisiche e morali, riconosciute
come valide esperienze per la fortificazione del vissuto e dell’animo,
rievocate nello spazio scenico della cantina.
Lo spettacolo vuole
dare voce alle vittime di abusi di pedofilia in età infantile, incipit di tutte
le insicurezze e dei turbamenti di mente, corpo e cuore che non saranno mai più
risanati del tutto. Si tratta di un grido della coscienza nel rievocare dolori,
concentrando la propria attenzione su un particolare stato d’animo, frutto
della spinta verso il proibito ed anche di un forte senso di colpa. Luoghi
immaginari danno alla messa in scena un aspetto surreale, di non definibile
spazio, come se si trattasse di un limbo interiore e di incubi dettati dalla
paura.
Sentimento intenso |
Attraverso canti
inequivocabili e musiche significative, i sette uomini rivivono queste esperienze
di violenza, condannando loro stessi ad una sofferenza interna, data dalla
mancanza di confronto con il reale e con la quotidianità. Dialetto napoletano
nell’affrontare, quindi, una tematica forte, messa a nudo dal regista
attraverso la riproposizione cruda degli atti di sette uomini destinati a
vivere nella cantina e a lasciarsi trasportare dalla proibizione, trovandovi il
senso della propria colpa, dandogli sfogo nel castigo e nel canto del riscatto.
Grido di disperazione |
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